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Sergio Ferroni
Intervista a Luigi Trisolino: il demolibertario di Roma
Foto cover: il ministro Carlo Nordio e Luigi Trisolino
Avvocato Luigi Trisolino, lei è attivissimo come giornalista culturale e politico, come autore di saggi giuridici, di articoli di politica, di monografie scientifiche, scrive poesie vincitrici, vive qui a Roma dove lavora nel settore legale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e in passato ha lavorato per altre istituzioni, non solo a Roma ma anche a Firenze. Ha fatto campagne referendarie in passato, per esempio quella contro il taglio del numero dei parlamentari. Qual è il punto d’unione di tutte queste attività nella sua giovane vita di 34enne?
“Il punto che unisce e coniuga ogni attività della mia vita, ormai da più di venti anni, è l’amore per la società, insieme alla mia voglia di vedere una evoluzione umana tra innovazione e conservazione. È la voglia di partecipare alle cose del nostro tempo, possibilmente lasciando un piccolo contributo, un tentativo, un segnale riformista, un’impronta sensibile, come fa il volo d’ali di una farfalla di fronte all’universo, o come fa il ruggito di un giovane leone nella savana. Ciò che tiene insieme il mio piccolo tutto, dalla poesia ai diritti individuali e sociali, dalla sociologia alle garanzie nel diritto penale, dalla storia delle libertà e delle istituzioni politiche al lavoro nelle pubbliche amministrazioni, e dal 2023 nella Presidenza del Consiglio dei Ministri, è anche la mia tenacia nel cercare me stesso nel mondo. La colla del mio piccolo tutto è la mia caparbietà”.
Cosa cerca in particolare di se stesso?
“Cerco il miglior modo di essere e di fare Luigi Trisolino, me stesso, periodo per periodo, con spontaneità e sempre all’arrembaggio, con un metodo sperimentale, umanista, resiliente, ma mai troppo metodico, sicuramente mai unidirezionale e mai statico”.
E come ricerca se stesso?
“Ricerco me stesso di fronte alla mia coscienza, anche attraverso la scienza, in parte attraverso la scrittura e il libero pensiero senza frontiere, in parte in mezzo alla praticità dell’incontro con gli altri, con le comunità, con il prossimo. Sono curioso di conoscere associazioni, movimenti, comitati, individui, gruppi, realtà apparentemente contrapposte eppure come unite nell’umanità. Ma cerco me stesso, con quella voglia di non sentirmi mai veramente appagato da me stesso, dagli spazi che conquisto, dalle produzioni che faccio. Cerco me stesso sentendomi sempre un po’ scomodo di fronte a ciò che ho fatto e che faccio, affinché io non mi senta mai seduto.Affinché io resti sempre in piedi, pronto per nuove battaglie e nuovi obiettivi”.
Qual è stata la sua prima battaglia in assoluto?
Ero in terza media, avevo 13 anni, pioveva, e pioveva persino un po’ dal soffitto nella scuola, una buonissima scuola pubblica che frequentavo in Puglia. Non era affatto giusto veder piovere all’interno di un luogo sacro come sono per me le scuole, e quindi molto pragmaticamente ho iniziato a parlarne ai compagni, ai professori, dovevo farmi notare in modo preciso con obiettivi altrettanto precisi, e allora scrissi subito a mano alcuni volantini, alcuni dei quali li affissi in aula. Oltre che preciso volevo essere efficace. Garantire la sicurezza degli studenti e di tutto il personale presente nelle scuole è fondamentale, anche a livello preventivo. Allora di lì a poco durante una assemblea d’istituto nel teatro all’aperto della villa comunale della mia città natìa Francavilla Fontana in provincia di Brindisi, durante una manifestazione scolastica con il sindaco, un senatore di Alleanza Nazionale di allora, davanti al mio preside, ai miei insegnanti e a tutti gli studenti della mia scuola, parlai diplomaticamente ma in modo energico. Ricordo che quando alzai il braccio per avvisare tutti che sarei andato sul palco ai microfoni per parlare al sindaco, al senatore e a tutta la platea, i miei insegnanti e il preside fecero una faccia forse un pochino preoccupata. Ero un bravo ragazzo ma anche un ragazzo molto determinato nel dire le cose così come esse sono, non sono mai stato un tipo piegabile, e sono sempre stato fiero mio non arrendermi mai. Parlai e vinsi la battaglia perché poi furono organizzatii controlli sulla stabilità e sulla sicurezza di ogni aula e di ogni spazio scolastico con degli ingegneri, che riferivano gli esiti al preside stanza per stanza. Quando le battaglie sono oggettivamente importanti, vengono riconosciute. E infatti ricordo che un giorno, mentre ero a casa con la matita in mano perché stavo disegnando, dopo che ero ritornato da scuola e prima di pranzo, citofonarono a casa. Era il segretario di quel senatore di Alleanza Nazionale, che mi portò una missiva ed un’agenda in pelle col simbolo del Senato della Repubblica, da parte del senatore appunto. Il senatore voleva ringraziarmi e complimentarsi per il mio coraggio. Di lì a poco in modo sempre indipendente dagli adulti e da chiunque ho fatto tante battaglie, critiche, denunce, proposte. Ho scelto di estendere la sede delle mie battaglie in giro, ne ho fatte a Taranto, a Brindisi, a Lecce, a Roma”.
Avvocato, ha più rivisto quel preside? Deve avergli fatto prendere un bel colpo con quel braccio alzato per parlare inaspettatamente.
“Lo rividi due anni dopo, facevo il quinto ginnasio, quindi il secondo anno della scuola superiore al liceo classico”.
In quale occasione?
In una battaglia dialogica, e per quel che mi riguarda sempre razionaldiplomatica, secondo le mie corde. Mi spiego. Parlando con una mia cara amica nonché compagna di classe di liceo che faceva parte del movimento culturale e sociale MixArt Per La Pace che fondai all’età di 15 anni nel 2005 in Puglia, le dissi che nella mia città durante il triennio di scuole medie noi ragazzi andavamo vestiti come volevamo, mentre le ragazze dovevano portare obbligatoriamente un grembiule tutto nero, abbottonato da dietro o al massimo davanti. Tutto nero con il colletto bianco. A lei questa storia del grembiule nero non piacque proprio, aveva frequentato le scuole medie in un paese a pochi chilometri dalla mia città e da loro non si usava indossare un grembiule nero, men che meno solo per le ragazze e non anche per i ragazzi. Mi chiese di parlare con il preside della mia ex scuola, e così andammo a trovarlo. Ci ricevette e ci ascoltò. Come ragazza sentiva su di sé l’ingiustizia della insensata e pregiudizievole disparità di trattamento tra ragazze e ragazzi, e il mio compito fu quello di accompagnarla e di sostenerla in quella diplomatica, cortese contestazione per una sana e razionale messa a punto di idee e valori, visioni e prospettive nuove. La sua voglia di battaglia era anche la mia perché sono abituato a sentire sulla mia pelle il volto di ogni persona che nelle piccole o grandi questioni avverte una ingiustizia. È il mio metodo, stare accanto alle persone e farmi carico di esigenze comuni e condivisibili, per empatia e raziocinio. Fa parte del mio metodo esistenziale fare battaglie costruttive nel rispetto delle diverse idee. Da tanto tempo ormai sia i ragazzi che le ragazze che frequentano le scuole medie indossano divise più sprint, uguali e al passo con il divenire dei tempi, anche nella mia adorata città natale, come in tante città limitrofe già avveniva nei decenni precedenti”.
Tenace la ragazza sua amica nonché compagna di classe. La sente ancora?
Sì, quando vado in Puglia quasi sempre riusciamo a vederci e a farci una passeggiata tra gli splendidi mari Adriatico e Jonio, parlando ancora di sociale, parlando delle contraddizioni di chi ha predicato bene ma razzolato male nella politica dello scorso decennio, sui diritti sociali, parlando di quanto sia importante invece occuparsi di meritocrazia e opportunità per i giovani ma anche per gli anziani, consci che questi obiettivi si raggiungono in tanto tempo dando fiducia a programmi divergenti diluiti nel tempo, anno dopo anno. Quando ci vediamo ricordiamo anche il giornale di otto fogli che due volte al mese facevamo uscire con il mio movimento negli anni 2005, 2006, 2007, dei nostri contatti con attivisti di varia natura e di varie parti d’Italia. Quegli anni per me sono stati solo l’inizio, per capire che fare politica mi piace. Con coscienze diverse e con tante più esperienze su più fronti, come è normale che sia, ma la voglia di migliorare e la tenacia di cambiare i tanti meccanismi malati o vetusti attraverso uno Stato di diritto più forte e dal volto più libero e sociale, sono rimaste, ed anzi in me si sono fortificate sempre di più, con sempre nuove sfumature, con nuovi metodi”.
Io e lei ci siamo conosciuti quando lei un paio di anni fa su per giù faceva battaglie qui a Roma. Nelle serate a Palazzo Ferrajoli a Piazza Colonna, o nei suoi volantinaggi nello storico mercato popolare di Porta Portese, lei parlava di accessibilità della sanità per tutti, parlava dell’esigenza di incoraggiare gli artigiani, gli artisti, i commercianti, gli insegnanti, gli scrittori e gli editori, e così via, parlando di aiuti, di percorsi di tutela per chi per continuare ad alzare la propria serranda vive quotidianamente il ricatto del pizzo. Tutte idee concrete e utili per i diritti, per le libertà delle persone. Intende candidarsi in futuro?
“Non lo escludo, se servirò scenderò in campo all’interno di programmi seri. Ora occorre generare le premesse di stabilità istituzionale affinché riforme acute possano attecchire bene nel tessuto socioeconomico del Paese, e ricordiamo che il nostro Paese purtroppo è stato spesso vittima di politiche arrese e miopi in passato. Ho tante idee concrete e vorrei portarle all’attenzione di chi saprà valorizzarle per il bene di tutti, tra innovazione e conservazione. Anzitutto all’attenzione delle comunità di persone coscienti e oneste. Voglio una civiltà che sia davvero libera da predestinazioni per nascita, dove le persone possano non solo essere libere sulla carta ma esserlo concretamente, sentendosi veramente padrone del proprio tempo e delle proprie scelte professionali, imprenditoriali, produttive, sociali”.
Come candidato lei sarebbe graffiante? Lei ha ideato e cura settimanalmente la videorubrica ‘Il graffio di Trisolino’ sulla testata nazionale L’Opinione. Ha un blog sul Riformista, denominato ‘Il riformismo demolibertario’, scrive su varie altre testate. Un aggettivo diverso, mai sentito ma molto semplice da capire per tutti, è quello che lei utilizza spesso. Demoliberatio. Ce ne vuole parlare?
“Sono demolibertario in economia e nei diritti ma anche nei doveri del nostro sano ordine pubblico, da curare sempre, con umanità rieducativa e severità quando quest’ultima senza dubbio occorre. Ho coniato un termine? Ben venga: demolibertario.Voglio una patria italeuropea che sia demolibertaria. Allora questo neologismo, o forse potremmo dire meglio dicendo questo neoluigismo, è fortemente rappresentativo per me. Il popolo che coi suoi lavori, tutti i lavori onesti, nessuno escluso, arriva alla libertà come patrimonio comune. La libertà deve diventare un patrimonio materiale e immateriale accessibile a tutti, e invece troppo spesso la libertà di produzione ed espressione è stata negata dagli eccessi burocratici degli scorsi decenni. Popolo e libertà in un’unica parola come demos e libertas, e quindi demolibertario, sono una rivoluzione non solo linguistica, ma soprattutto sociopolitica e di cultura neorepubblicana,neocostituzionale. Io infatti sono un neorepubblicano, liberale, demolibertario, garantista e lavorista. Vuole sapere se anche in politica graffierei come nella mia videorubrica ‘Il graffio di Trisolino’ su L’Opinione?”.
Tra poco me lo dirà se lei graffia. Ora, mi dica cortesemente, con quale spirito bisogna riformare?
“In questo Paese dobbiamo finalmente riformare tante sovrastrutture stanche e statiche nella loro inefficienza, occorre superare passo dopo passo i tanti meccanismi che hanno cibato solo i poteri forti contro gli interessi delle persone di onesta produttività. Dobbiamo riformare la giustizia, la sanità, la difesa, l’economia dal basso, i piani industriali, le infrastrutture, e per tutto ciò ci vuole stabilità e tempo da spendere con laboriosità, ci vogliono risorse da reperire step by step. Per attuare un programma davvero divergente e riformatore servono realisticamente dieci anni. Ora pensiamo a togliere la ruggine, per poi edificare, ricodificare alcuni punti essenziali del diritto civile e del diritto amministrativo, secondo ciò che serve al benessere di individui e comunità, nessuna esclusa”.
Lei graffierebbe in politica? Per esempio, graffierebbe tutti quelli che nel corso degli anni hanno distrutto la nostra Italia?
“Sicuramente graffierei la ruggine di molte coscienze, con il mio mix di innovazione e conservazione. L’obiettivo non deve essere promuovere la mera sopravvivenza, ma promuovere una vita veramente vitale per le nostre economie e per le nostre industrie micro, piccole e medio-grandi. Affinché la piccola realtà produttiva di PIL possa scegliere come rimanere sui mercati, con la possibilità di accedere ai contratti di rete e di partnership in modo equo, aperto, celere e diffuso”.
Ringraziamo Luigi Trisolino per questa bella intervista.

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